Damiano replica Budensbank flessibilità uscita la ricetta giusta

La richiesta della Bundesbank è quella di rivedere le basi di finanziamento unitamente alle pensioni poiché gli equilibri di bilancio sono completamente diversi dagli equilibri politico-sociali, da qui parte la richiesta della banca tedesca di innalzare l’età pensionabile, entro il 2060, ma quali sono le tecniche per le quali si è arrivata ad una conclusione del genere per le pensioni? Da considerare è l’allungamento della durata media della vita e l’invecchiamento della popolazione, nel primo caso non si allunga la permanenza nel mondo del lavoro e di conseguenza si devono retribuire con vitalizi pensionistici per una più lunga durata mentre per la seconda è consequential della prima in quanto i lavoratori non andando in pensione non danno accesso alla staffetta generazionale e mensilmente si devono pagare pensioni dai contributi prelevati dal reddito dai lavoratori, ciò porta all’impossibilità di pagare tutte le pensioni attraverso i contributi riscossi; la Bundesbank fa la richiesta di rivedere le basi di finanziamento unitamente alle pensioni in Germania ma è chiaro il discorso che ha valenza anche per gli altri Paesi occidentali dove si ha decremento demografico; a questa richiesta Cesare Damiano, presidente Commissione Lavoro alla Camera, oppone che l’unica ricetta valida per risolvere il problema è la flessibilità in uscita.

Cesare Damiano replica alle richieste di Bundersbank per le pensioni
Cesare Damiano

Di contro Cesare Damiano replica a quanto affermato dalla Bundesbank: ‘La Bundesbank mette in guardia i tedeschi: nel 2060 dovranno lavorare fino a 69 anni per mantenere sostenibile il sistema e dare pensioni adeguate ai giovani. Noi informiamo la Bundesbank che gli italiani nel 2046, cioè 14 anni prima di quello che si vorrebbe per i tedeschi, per andare in pensione dovranno avere almeno 69 anni e 5 mesi di età, stante le attuali normative previdenziali’ . ‘Forse la medicina non è quella di alzare continuamente l’età pensionabile e popolare le aziende di anziani, ma quella di rendere flessibile il sistema e prevedere una integrazione al minimo alle pensioni dei giovani penalizzati dalla precarietà delle carriere discontinue’.

Per quanto riguarda la replica del governo tedesco alla Bundesbank, riportiamo uno stralcio dell’articolo apparso sul quotidiano ‘Il Corriere della Sera’ scritto da Enrico Marro: ‘La risposta negativa del governo tedesco alla Bundesbank è coerente con quanto la stessa Angela Merkel ha deciso nel 2014: addirittura una retromarcia rispetto alla severa riforma che aveva imposto l’età pensionabile a 67 anni. Un limite rigido corretto dalla cancelliera, introducendo la possibilità di andare in pensione già a 63 anni (che cresceranno gradualmente fino a 65 nel 2029), e senza tagli dell’assegno, per chi abbia raggiunto almeno 45 anni di contributi. Una riforma che ha incontrato un grande successo, tanto che nei primi 4 mesi erano già state accolte 110 mila domande di prepensionamento e il governo tedesco stima un’uscita anticipata ogni anno tra i 300mila e i 450mila lavoratori per un costo fra i due e i tre miliardi di euro annui. La flessibilità va incontro alle esigenze delle persone, tenendo conto che non tutti i lavori sono uguali, e delle aziende, che spesso preferiscono accelerare il normale ricambio generazionale. Ma costa, appunto. E richiede quindi risorse aggiuntive che provengano dalla fiscalità generale, cioè da tutti i contribuenti. Un problema che i Paesi occidentali dovranno prima o poi affrontare. Come suggeriscono molti esperti, per salvare il sistema a ripartizione bisognerà integrarlo con una pensione di base finanziata dal bilancio pubblico, in fondo prendendo atto di quanto già avviene ora, con lo Stato che integra la spesa previdenziale non interamente coperta dai contributi.’.

 Fonte: CorrieredellaSera

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